Angelo Longoni - Destino (2025)
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Monica è una donna giovane e già vedova perché il marito che amava si è ucciso. Adesso è tormentata dagli incubi e, per tenersi assieme, è costretta a prendere psicofarmaci, mentre l’unica soluzione che ha trovato per sopravvivere è vendersi come escort. Anche Nicola si aspettava una vita migliore, ma per tirare avanti lavora in un’officina di gommista, vende computer usati ed è perseguitato da creditori senza scrupoli, malavitosi feroci. Franco, invece, è un uomo che ha una moglie che ama e un meraviglioso figlio dodicenne, però il suo lavoro di rappresentante è in crisi e, soprattutto, ha un tumore e non sa quanto gli resta da vivere. Che cosa hanno in comune, che cosa unisce i destini di questi tre esseri umani così diversi e lontani l’uno dall’altro? Niente, ma un’incredibile somma di denaro, di misteriosa provenienza, con la quale due di loro vengono in contatto, e una serie di coincidenze dovute solo al caso o al fato, farà sì che i loro percorsi s’incrocino dando vita a un thriller senza un momento di pausa, senza un attimo di tregua. In poche ore tutti si trovano sulla strada, impegnati in una fuga o in un inseguimento, dove il viaggio è anche lotta, innamoramento, guarigione. Identificarsi in ognuno dei protagonisti sarà immediato e inevitabile, rendendo la lettura di questo romanzo un’esperienza che unisce una tensione quasi insostenibile a una profondità morale ed esistenziale rara da ritrovare nella narrativa d’azione. Il gioco del destino si compie così, unendo più persone a loro insaputa, favorendo il successo di qualcuno e la condanna di altri. Infatti, esseri umani sconosciuti tra loro, improvvisamente si uccidono o s’innamorano. «Il mondo è pieno di gente in salute che muore prima di un malato al quale non si darebbe più nessuna chance di sopravvivenza. Quanto possa durare la vita di ognuno dipende da uno schioccare di dita, da una distrazione in autostrada, da un piede messo in fallo, da una giornata piovosa, da un treno perso, da una coronaria ostruita e da altri casi fortuiti. Non è sempre la gravità di una malattia a uccidere, ma il destino.»
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