Rosita Manuguerra - Malanima (2025)
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Sull’isola non tutti andavano e venivano allo stesso modo. C’erano quelli che arrivavano con il sole di maggio e partivano con le prime piogge di settembre. C’era chi andava e tornava dalla terraferma ogni giorno, un piede da una parte e uno dall’altra, senza mai chiedersi a quale sponda appartenesse davvero. E c’era chi aveva eletto a sua dimora il mare intorno al luogo natìo, notti intere a bordo di un peschereccio. Poi c’era chi, di fronte a un bivio posto dalla vita, aveva deciso di restare oppure di imbarcarsi per una partenza che poteva valere un addio. Entrambe le scelte lasciavano un segno al tempo stesso invisibile e profondo, qualcosa che aveva a che fare con l’anima.
Mia lo aveva imparato fin da bambina attraverso la storia della famiglia: sua madre Teresa che era rimasta, nella convinzione che l’isola fosse l’unica realtà possibile; e sua zia Nietta, che di rassegnarsi alla realtà proprio non aveva voluto saperne. E continuava a vivere questi conflitti da adolescente, Mia, mentre osservava le onde infrangersi sulla scogliera insieme a Giulia, Anna e Nello, gli amici di sempre. Adesso però era arrivata Marina, la ragazza di città che non se ne sarebbe andata con le piogge di settembre e che in tutti avrebbe portato scompiglio. Così diversa e a tratti scostante, Marina ha attirato su di sé sentimenti contrastanti: dalla curiosità all’invidia, dall’attrazione al disprezzo. Mia, invece, in lei ci vede soprattutto il fascino di chi proviene da un altrove lontano. Ma ben presto scoprirà che in verità Marina trascina con sé legami ancestrali, quelli di sua madre Lia legata a filo doppio con l’isola e con Teresa, e che di quella terra sembra destinata a riportare a galla segreti inconfessabili
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