La cifra stilistica e linguistica del David Copperfield è strettamente legata alla vocazione autobiografica del romanzo, nel quale Dickens introdusse, accanto a situazioni e personaggi inventati, consistenti tratti del proprio vissuto (un esempio per tutti: il lavoro del piccolo David alla Murdstone e Grinby, che richiama molto da vicino quello del piccolo Charles alla Warren’s Blacking Warehouse). Questa mescolanza di realtà e fantasia, peraltro perfettamente fuse a livello di tono generale e di registri espressivi, determina nel libro una maniera formale del tutto particolare rispetto agli standard della narrativa dickensiana, attestata su una difficile eppur ininterrotta linea di equilibrio fra la secchezza del resoconto di vita e il pathos connesso con la qualità morale e umana di quanto viene raccontato.
Rendere in italiano il senso e la natura di tale linea è certamente il problema maggiore che si pone al traduttore, il cui sforzo deve necessariamente mirare ad acquisire un tono ‘medio’ di non facile individuazione: deve infatti accuratamente evitare accenti anche lontanamente melodrammatici, e insieme cercare di restituire la flagrante affettività che informa, ora scopertamente ora sotterraneamente, la prosa del David Copperfield.