Ci sono personaggi che continuano a camminarci in testa anche a libro chiuso, tanto vivi che sembra d'incontrarli in giro. Vincenzo Malinconico è cosí, funziona per contagio. Spara battute a mitraglia e ci costringe a pensare ridendo. Per questo lo seguiamo ovunque senza stancarci mai: mentre pontifica sotto la doccia o mentre esercita (si fa per dire) la professione di avvocato nel suo loft Ikea. Fino al ristorante dove incontra Veronica Starace Tarallo, bella da stordire e per nulla disposta a darla vinta al marito nella causa di separazione. E siamo con lui anche quando esce dalle battaglie sconfitto ma fedele a se stesso: quasi geniale, quasi risolto, quasi felice. Un uomo a cui manca sempre tanto cosí. Mentre vive, Vincenzo Malinconico cerca di capire come la pensa. Per questo discetta su tutto, benché nessuno lo preghi di farlo. Abilissimo nell'analizzare i problemi ma incapace di affrontarli, dotato di un'intelligenza inutile e di un umorismo autoimmune, si abbandona alla divagazione filosofica illuminandoci nell'attimo in cui ci fa saltare sulla sedia dal ridere. Malinconico, insomma, è la sua voce, che riduce ogni avventura a un racconto infinito, ricco di battute fulminanti e di digressioni pretestuose e sublimi.
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