Daniela Marcheschi - Il sogno di Don Chisciotte. La letteratura come necessità e riscatto (2025)
Che cosa avrebbe fatto Dante senza il sogno-visione di Beatrice fra le braccia di Amore, nel capitolo III della Vita Nova? E Freud avrebbe coltivato il sogno della psicanalisi di decifrare i sogni, come si fa con i geroglifici, senza leggere le letterature classiche?
Che il sogno non possa essere considerato una vacanza del pensiero lo sa bene il lettore: se il sogno non fosse la vita stessa, un sentimento e un aspetto della realtà, perché mai leggere la letteratura? Perché mai fare critica?
Noi leggiamo proprio per sentire e conoscere, per trovare e riconoscere finalmente chi sappia dar voce ai nostri sogni, alle nostre aspettative profonde - quelle più nobili e grandi, che ci ricongiungono alla comunità degli esseri e che aprono nuove possibilità al mondo e di rapportarsi al mondo.
Don Chisciotte è il prototipo del lettore e dei suoi sogni ad occhi aperti. Ama con tale trasporto la letteratura cavalleresca e i valori che essa propone da voler seguire le orme di Amadigi e da diventare pazzo. In punto di morte, rinsavito, Sancho Panza lo prega: preferirebbe averlo vivo, come prima ostaggio dei sogni, perché gli è affezionato nella pazzia e per la sua pazzia. E della pazzia, delle utopie gli esseri umani hanno bisogno.