Marcello Pera (a cura di) - Giovanni Gentile. Una filosofia per il fascismo (2025)
La frase più concisa e penetrante sui rapporti fra Giovanni Gentile e il fascismo la scrisse lo storico americano A. James Gregory nel suo Giovanni Gentile: Philosopher of Fascism (Transaction Publisher, New Jersey 2001; Routledge, New York 2017): «Molto tempo prima che ci fosse il fascismo, Gentile ne fu il filosofo». Il movimento, e poi il regime, egli «lo nutrì del suo pensiero e lo servì come la sua coscienza». Questo giudizio, che viene dopo parecchia storiografia italiana, in particolare quella di Augusto del Noce, è corretto. Perché Gentile arriva al fascismo da due strade – una filosofico-speculativa e una storico-politica –, entrambe percorse congiuntamente prima della sua nomina a ministro dell’Istruzione nel primo governo Mussolini nel 1922 e dell’adesione formale al Partito nazionale fascista nel 1923. Quando si presenta all’appuntamento, Gentile è un filosofo all’apogeo del suo pensiero che ha già scritto pressoché tutte le sue opere principali; e ha una coscienza politica ben formata circa l’evoluzione della storia d’Italia e la decadenza delle aspettative del Risorgimento. Punto di partenza della prima strada è l’idealismo hegeliano da lui corretto; della seconda è il liberalismo da lui (e non solo da lui) inteso.
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