Tutta notte
il tuo nome
mi cinguetta in bocca,
mi beve la saliva,
mi beve.
Il tuo nome.
Mi van strette le notti
in tua assenza.
Ti respiro.
Ora
il tuo respiro
ritma il mio passo
e il polso.
Il tuo nome soltanto
ancora e sempre —
mia profonda solitudine,
l’arcangelo,
la poesia.
L’indicibile
s’accresce,
compie l’eccelso.
Mese promesso
Giorno promesso.
Verrò — dicesti.
Aspetto sulla porta.
La porta
è piena di sigilli.
Aspettandoti
ho dimenticato di osservare,
ho dimenticato di osservarmi.
II sogno mi tiene
in braccio,
piegato sulla tua spalla.
Dissi finestra.
Non lo era.
Tutte le finestre
s’aprono su te.
Dicevi:
sono te, te, te.
E io?
Te.
E arrivasti.
Tengo il martello,
scolpisco l’aria,
scolpisco la tua statua
aperta,
vi entro,
vi resto.
Frugo gli angoli della notte —
il tuo gomito, il tuo ginocchio,
il tuo mento.
Rotolano pietre.
Senz’alcun rumore.
Dove sei?
Giungono notti più lunghe.
Piante carnivore
avvolgono la casa,
avvolgono il letto.
Le tue labbra assenti
mi suggono.
Nel centro del verso
tu e tu.
Il tuo respiro riempie
tutte le parole,
tutto il silenzio.
Non avevo da aggiungere
altro verso,
altra parola.
Nel tuo corpo vivevo
tutta la poesia.
Come mi sollevano in alto
i tuoi baci.
Mi perdo.
Tienimi.
Nube la poesia,
foss’anche luce,
non ha corpo.
Nel tuo corpo esisto.
Là dove sei
lo senti il nostro treno?
È passato.
Ho comprato le arance.
Piove.
Questo timore
che sia rimasto qualcosa
ch’io non presi.
E il timore
che quell’infinito
abbia fine.
Quando mi posavi la mano
sul ginocchio o sulla spalla
o sul fianco
cambiava posa il mondo.
Come vivono i morti
senza amore?
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