Antonio Debenedetti è stato finalmente riconosciuto autentico maestro del racconto, nel senso non tanto del narrar breve, quanto di disegnare, o piuttosto incidere, immagini di un'umanità disperata sulla soglia di una dissoluzione, che trascina con sé il mondo, la società e la cultura. I quattordici racconti di questo piccolo capolavoro rappresentano bene il vertice di una ricerca spietata e persino crudele dell'origine di un mal di vivere diffusosi come un'epidemia pestilenziale, che ha corroso i sentimenti che nel tempo trascorso tenevano insieme cose e persone, lasciandosi dietro un vuoto paradossalmente pieno come una discarica di periferia, dove si spegne anche il «buio sorriso» di un inverno che non ha fine.
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